In molti hanno paragonato l’Aglianico del Vulture al Barolo delle Langhe per la sua particolare caratteristica di nettare elegante, strutturato e corposo.
Vitigno secolare coltivato su terreni collinari vulcanici sin dall’antichità, il massimo poeta cantore del vino di tutta la latinità è stato per l’appunto Quinto Orazio Flacco nativo di Venosa, Potenza, ma che nel 65 a. C. faceva parte della Daunia, il quale ha tessuto le lodi del pregiato mosto vulturino.
Tra il Tredicesimo ed il Quindicesimo secolo tutte le pendici del Vulture erano coltivate a vigneto tra Melfi, Rapolla e Barile.
Le vigne erano per lo più concentrate nei terreni attaccati alle mura delle città ed in quelli più vicini.
Le cantine erano sovente sistemate nelle grotte che a Melfi se ne contavano a centinaia, un inventario eseguito nel 1589 ne registrava 110.
Oltre che a Melfi anche a Rionero, a Barile, a Maschito e a Ripacandida le cantine erano tutte ricavate nelle grotte e negli ipogei naturali o scavati con modesti interventi.
In tempi più recenti all’esposizione universale di Milano del 1906 furono presentati anche dieci campioni di vini del Vulture, che riscossero un buon successo e furono definiti “vini di corpo, fragranti, fini”.
Tra il 1901 ed il 1910 a Parigi viene stampata la monumentale opera in sette volumi Ampélographie, a seguito di quella pubblicazione l’Aglianico entra di diritto nella élite dei vitigni internazionali.
La DOC Aglianico del Vulture è stata riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica del 18 febbraio 1971, dopo quasi quaranta anni il Decreto Ministeriale del 2 Agosto 2010 ha sancito il riconoscimento della DOCG “Aglianico del Vulture Superiore”.
Tra le aziende che hanno contribuito alla divulgazione del prezioso nettare lucano è d’uopo annoverare la Cantina Il Passo, sita a Barile epicentro dell’Aglianico.
È una storia che merita di essere raccontata in quanto in poche primavere hanno raggiunto traguardi che altre aziende, quando riescono, li raggiungono in lustri o decenni.
Sul finire dell’Ottocento Francesco Grimolizzi acquista una masseria e diversi appezzamenti di terreno destinati prevalentemente alla coltivazione di cereali, grano, avena e orzo per oltre cento ettari, alla sua scomparsa come sovente accade la proprietà viene divisa tra gli eredi e con la frammentazione si smarrisce parte dell’identità.
Ci pensa il nipote Vincenzo a ricomporre lentamente il mosaico, poi nel 2012 al pronipote Raffaele, figlio di Vincenzo, si accende la lampadina e decide di nobilitare l’azienda Il Passo, dalla località nella quale è ubicata, recuperando vetuste tradizioni e ambienti un tantino impolverati.
Una manciata di chilometri separano Barile da Rapolla ed è su quelle zolle vulcaniche che sono piantati diversi filari di vitigno Aglianico di proprietà di suo zio Biagio, questi raggiunto il traguardo lavorativo e non avendo eredi disposti a seguire le sue fatiche e il suo sudore decide di alienare la vigna al nipote Raffaele.
Superato il primo impatto euforico Raffaele telefona a Fabio Mecca, enologo di punta dell’Aglianico, il quale di questo vitigno oltre che super esperto è un profondo estimatore ed innamorato.
Tra l’altro la vecchia cantina dei Grimolizzi è ubicata a pochi metri da quella dei Paternoster, capostipiti dell’Aglianico e parenti diretti di Fabio, per cui i casati si conoscono e si stimano da decenni.
Il terreno vitato è poco più di quattro ettari e mezzo ma in grado di trasmettere tanta di quell’euforia e di quell’entusiasmo.
Fabio incoraggia Raffaele, la consorte Maria e gli eredi Riccardo, Candida e Rita. Il quintetto si carica di energie ed euforia e si catapulta tra i filari.
Certo le nuove generazioni sono prive di ispessimento della cute ed il loro volto non è scavato da rughe assolate, hanno trascorso gran parte delle loro giornate con il capo chino sui testi liceali e accademici per cui approfondiscono le tematiche enologiche e sin da subito si impongono all’attenzione nazionale.